L’IDENTIKIT DELLA DIETA PERFETTA – parte 1
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Questa è la vera domanda che tutti si pongono: qual è la dieta perfetta? Cominciamo con il dire che se, come avviene, il tasso di obesità nel mondo cresce, è chiaro che pare non esista una dieta perfetta. Quello davanti a cui, purtroppo, ci dobbiamo arrendere è proprio un’evidenza: manca oggettivamente un modello alimentare che le persone riescano a seguire con facilità, tanto da far sì che tale modello diventi una regola quotidiana. Non dimentichiamo che il reale significato di “dieta” è appunto “regola”: dobbiamo, ancora oggi, ammettere che la maggior parte dei tentativi finalizzati a far sì che una “dieta” possa diventare nel tempo “regola quotidiana” sono meramente falliti.
Urge a questo punto farsi la prima domanda: perché le persone si mettono a dieta? Riporto una casistica personale: su 719 persone intervistate, venute alla mia osservazione per una dieta (553 donne e 166 uomini), ben 677 (529 donne e 148 uomini), quindi il 94,15%, hanno rivelato che il motivo della visita era il dimagrimento, mentre solo 22 (3,05%) ha chiesto di poter seguire una dieta al fine di conseguire un equilibrio alimentare. Le rimanenti 20 persone (2,78%) hanno chiesto una dieta per risolvere altri tipi di disturbi differenti dal sovrappeso. Per poter recuperare il vero significato di “dieta” è quindi necessario intervenire sulle reali finalità che spingono la persona a seguire un qualsiasi regime nutrizionale. E’ corretto che la persona abbia come “motivazione” il perdere peso, ma è altrettanto corretto che il medico, prendendo spunto da quella motivazione, sposti il tiro sulla reale “finalità”: si deve cioè spostare il target da un obiettivo di prestazione ad un obiettivo di padronanza. Se la dieta viene iniziata e seguita solo con la finalità di raggiungere un obiettivo di peso, già si perde di vista quale deve essere il reale lavoro terapeutico in campo nutrizionale; quello che conta effettivamente è, attraverso un parziale obiettivo di prestazione, poter raggiungere un reale obiettivo di padronanza. La persona deve poter essere in grado di esser “padrona” della realtà “cibo”, cioè saperla gestire con tranquillità, senza ansie, senza paure o conflitti e deve, ovviamente, conoscerla in modo pieno e corretto, non influenzata dai mille messaggi mediatici fuorvianti.
Fatto questo primo passo è necessario cominciare a districarsi nella miriade di tipologie di diete che il mercato offre e cominciare a saper discernere con più obiettività quale può essere la direzione da prendere.
Fermo restando che alcune di queste proposte sarebbero già da escludere in virtù del primo passo che abbiamo fatto, il secondo passo da fare riguarda l’attendibilità scientifica. Riguardo ai principi scientifici che stanno a monte di ciascuna dieta, ci sono prove attendibili? Quali sono i criteri per stabilire un’attendibilità scientifica? Purtroppo molti scambiano l’attendibilità scientifica con la maggiore esposizione mediatica e questo è, al momento attuale, un grosso limite. Eppure l’attendibilità scientifica si basa su pochi concetti: a) numero di pubblicazioni presenti a supporto; b) casistiche incluse in queste pubblicazioni (da non considerare mai le casistiche di poche decine di persone); c) numero di citazioni che ha ciascuna pubblicazione (più citazioni ha e più la pubblicazione è stata presa come riferimento da altri ricercatori). Questa piccola ricerca può essere fatta da tutte le persone con i normali strumenti sul web che si hanno a disposizione: basti pensare a Google Scholar.
A questo punto arriva una domanda fondamentale che ciascuna persona dovrebbe farsi prima di scegliere una dieta: escludendo veganesimo e vegetarianesimo, il regime alimentare prevede l’esclusione incondizionata di qualche gruppo alimentare o qualche principio nutritivo a scopo metabolico? Nel regime alimentare si teorizza l’eliminazione di alimenti pur non avendo allergie o intolleranze accertate in modo inequivocabile? Ripeto: escludendo particolari regimi, adottati anche per motivi etici (vegano e vegetariano) ed escludendo particolari situazioni cliniche, in cui la gravità della condizione obbliga ad una privazione precisa, non ci sono assolutamente indicazioni affinché un qualche alimento venga eliminato del tutto dalla propria alimentazione. Anche qui molto spesso si fa un errore: si demonizza un determinato alimento solo in virtù del fatto che è di più difficile gestione. Se io affermo “il cioccolato può non far male” non voglio dire che “il cioccolato fa male”. Questa sottile differenza ci dà la misura di quanto una dieta possa essere propositiva (“il cioccolato deve esserci in una dieta perché è gustoso e gratificante, ma deve essere gestito, altrimenti può far male”) o di quanto voglia essere privativa (“il cioccolato deve essere eliminato dalla dieta”).
Un regime privativo non insegna una reale gestione alimentare in quanto risolve tutto con l’assenza. Solo quando invece un determinato alimento è presente, noi possiamo imparare a gestirlo. Arrivati a questo punto, ecco a voi l’ultimo punto di oggi su cui riflettere: essere consapevoli che non ci sono integratori che aiutino, in modo deciso, ad essere più magri! Tutti noi cerchiamo ricette magiche che ci permettano di far meno fatica, ma in effetti le uniche due strade per essere in forma continuano ad essere un regime alimentare appropriato e un adeguato livello di attività fisica. Determinati integratori possono agire a livello nutrigenomico potenziando o silenziando alcuni geni che codificano per proteine molto importanti nei processi metabolici, ma, in ogni caso, nessun effetto sul sovrappeso potrebbe mai essere raggiunto senza una riduzione calorica o un aumento della spesa energetica. E’ anche vero che, se da una parte alcuni integratori possono stimolare alcuni geni (esempio, il resveratrolo che stimola SIRT1) è altrettanto vero che una cattiva alimentazione o condizioni cliniche particolari, come la resistenza insulinica, possono estinguere l’espressione dello stesso gene. Quindi bisogna categoricamente diffidare da proposte che contengano l’utilizzo inappropriato di integratori alimentari e soprattutto non lasciarsi fuorviare da claims che evidenziano effetti sorprendenti e pensare che il primo, vero, autentico approccio deve essere quello di un miglioramento della gestione alimentare. Ecco quindi lo schema in cui riassumo i primi 4 punti fondamentali per poter stabilire qual è la dieta perfetta:
Ma attenzione: siamo solo a metà strada. Mentre meditate su questi primi 4 punti, vi dò appuntamento al prossimo numero per conoscere insieme quali sono gli altri punti (anch’essi fondamentali) per stabilire l’identikit della dieta perfetta!