ETICHETTE E SPOT, CHE CONFUSIONE!: Potenza del marketing e lacune della legislazione

By Primo Vercilli,

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Magari è superfluo, ma oggi voglio semplicemente farvi un invito a leggere sempre con molta attenzione quello che vi capita sott’occhio: in particolare etichette nutrizionali e articoli di giornale possono spesso creare confusione invece di aiutare a comprendere. Intendiamoci, di passi avanti (soprattutto se guardiamo le informazioni nutrizionali inserite nelle etichette) ne sono stati fatti, ma ancora molto spesso ci sono deficit informativi o messaggi che portano ad equivoci. Secondo un’indagine che ha coinvolto, qualche anno fa, 56 Paesi, condotta dalla Global Nielsen Survey, 6 consumatori su 10 non capiscono le etichette delle confezioni. Tra l’altro, a volte, si nota anche una discrepanza nel mettere in evidenza le caratteristiche, da nazione a nazione, pur tenendo presente lo stesso prodotto. Ad esempio in alcuni Paesi viene utilizzata una informazione “a semaforo” che invece in Italia, per lo stesso prodotto, non viene utilizzata. Sicuramente una etichettatura in cui le carenze nutrizionali, o gli eccessi, vengono evidenziati con un colore è molto più comprensibile di tabelle in cui i numeri vengono semplicemente elencati. Non solo: a volte, per un certo prodotto, vengono messe le informazioni nutrizionali non solo per 100 grammi o per porzione (richieste per legge), ma addirittura per abbinamento. Faccio un esempio con una certa polvere di cacao molto utilizzata per fare la colazione, mescolata con il latte: nelle tabelle nutrizionali compare anche la tabella con le informazioni riguardanti la porzione di latte già mescolata con la polvere di cacao. Questo tipo di informazione, sebbene apparentemente comoda, rischia di portare fuori strada il consumatore, che non sa più se il contenuto di calcio (o di grassi o di proteine, ecc.) è dovuto ad un prodotto o ad un altro. È come se nell’etichetta di un sugo pronto io mettessi le caratteristiche nutrizionali della pasta condita con quel sugo!  L’invito è sempre quello di fare molta attenzione a ciò che si legge, perché, purtroppo, la verità non è mai (ma veramente MAI) quella che appare a prima vista. O meglio, per comprendere realmente come stanno le cose, bisogna effettivamente non solo leggere con attenzione le etichette, ma anche avere una informazione adeguata alle spalle (che il più delle volte non si ha!) ed essere già sensibilizzati nei confronti delle problematiche nutrizionali. Pensate per esempio a tutto quello che ultimamente si sente dire dell’olio di palma. Molte aziende si sono mosse per toglierlo dagli ingredienti nei loro prodotti (e, ovviamente, si sono affrettati a renderlo evidente nelle confezioni con diciture tipo “palm oil free”), ma questa conquista dei consumatori a volte si scontra con il fatto che comunque quegli stessi prodotti hanno, in ogni caso, un elevato quantitativo di grassi saturi. Il problema dell’olio di palma infatti, sta semplicemente nel fatto che contiene molti grassi saturi. Ecco perché sebbene ci riempia di soddisfazione acquistare un prodotto “palm oil free” è altrettanto vero che, per la nostra salute è bene non sottovalutare, sempre nello stesso prodotto, il contenuto di grassi saturi, che potrebbe comunque essere estremamente elevato. Sono quindi necessarie una conoscenza, una consapevolezza e una attenzione. Troppo difficile? Difficile o no, ne va della nostra salute. Il rischio altrimenti è solo quello di avere una gran confusione in testa. Perché è proprio questo il problema: la confusione, il disorientamento. E, purtroppo, in campo alimentare, di confusione ce n’è davvero tanta. Molto spesso (fortunatamente non sempre) è proprio sulla confusione che le industrie alimentari puntano, quando ci fanno vedere con orgoglio le informazioni nutrizionali sui loro prodotti, puntando l’accento su qualcosa di positivo, che attira l’attenzione per distoglierla da altre informazioni, che sono sicuramente inserite in etichetta, ma sono meno visibili (presenti perché previste per legge). Pensate che troveremo mai, per esempio, un sacchetto di patatine in cui viene enfatizzato allo stesso modo l’assenza di grassi saturi e l’eccesso di sale? Certamente no. L’assenza di grassi saturi viene messa in evidenza, mentre l’eccesso di sale lo possiamo solo ricavare dalle tabelle nutrizionali. Questa è la potenza del marketing e la lacuna della legislazione. Da qui poi si creano gli equivoci. Un esempio tra tutti? La margarina. Ci sono ancora persone che comprano la margarina, perché “è priva di colesterolo” (che è vero!) e quindi è migliore di qualsiasi altro grasso di condimento (falso!). Già dagli anni 70 del secolo scorso, un numero sempre maggiore di studi ha analizzato il possibile ruolo dei grassi parzialmente idrogenati (caratteristici della margarina e responsabili della sua consistenza molle, semisolida) nell’insorgenza delle malattie cardiovascolari. In quel periodo, la margarina e i grassi simili presentavano un livello elevato di grassi trans (39-50%). Nel 2003 l’assunzione quotidiana di grassi trans da parte degli americani era di circa 7 grammi al giorno per gli uomini e 5 per le donne. Il principale organo di controllo americano sull’alimentazione, la FDA, stimò che la presenza di grassi trans negli alimenti poteva causare la morte per patologia coronarica di 1000 americani all’anno. Con il tempo la percentuale di grassi trans nella margarina è di molto diminuita, ma resta comunque un alimento che viene proposto come “salutare” e che invece è dannosissimo. Ma purtroppo, in assenza di conoscenza, in un sistema di confusione, il più delle volte, non capendo bene il significato delle tabelle nutrizionali, ci fidiamo degli slogan e degli spot. Come, per esempio, quando ci troviamo di fronte ad un prodotto “magro”! Le persone sono ancora convinte che un prodotto a “zero grassi” sia un prodotto a “zero calorie”! Ma allora, se fosse così, vorrebbe dire che lo zucchero (zero grassi) è paragonabile all’acqua fresca! Infatti, devo dire, ci sono moltissime persone che dicono che un ghiacciolo è come bere acqua ghiacciata! Oppure altri pensano che “cibo grasso” sia sinonimo di “cibo cattivo”! In questo caso, quindi, l’olio di oliva (elemento fondamentale per la salute) sarebbe dannosissimo! Che fatica, amici, orientarci nella jungla delle etichette nutrizionali e degli spot pubblicitari! Meglio spegnere la tele, riporre in frigo il nostro prodotto “zero grassi” e farsi una bella passeggiata all’aria aperta!

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